Solidariedade ao Zé Dirceu, por Arnobio Rocha

Lourdes Nassif
Redatora-chefe no GGN
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Solidariedade ao Zé Dirceu

por Arnobio Rocha

Nesse momento de tantos medos, omissões, a maior covardia é se esconder e não dizer publicamente aquilo que pensamos, que defendemos, os nossos princípios e aqueles que tanto contribuíram para ser o que somos.

A solidariedade ao companheiro Zé Dirceu é um desses momentos em que se separa “o real e a fantasia”. A campanha midiática de destruir a sua honra, a imagem, sua rica história e torná-lo o vilão “padrão”, sem direito a defesa Isso foi azeitado, também, pela conivência dos que se omitiram e continuam a se omitir.

Essa nova condenação lhe imporá a prisão perpétua, com 71 anos, e a inacreditável pena de 30 anos, só se compreende pelo Ódio de Classe, a vingança contra um dos principais líderes políticos da esquerda do Brasil. Sua história ímpar, repleta de lutas pela democracia e pelos direitos de um povo livre.

Falo sem nenhuma reserva, por anos em que quase sempre estive em lado oposto ao de Zé Dirceu, sem, no entanto, jamais deixar de reconhecer seu valor, sua honradez, respeitando a sua força e capacidade de articulação política e seu gênio agregador que levou a esquerda ao governo central.

Deixo para direita as críticas, aqui é o momento de nos unirmos em sua defesa sem nenhum vacilo ou medo. A defesa de Zé é a nossa própria defesa, do que conquistamos e que hoje está sendo destruído, inclusive, que criminaliza todo um campo, a esquerda.

A tenacidade e postura inabalável, não se deixando vencer pelas torturas psicológicas impostas aos que são presos nesse processo kafkiano da lavajets. Não delatou e nem teve posição rancorosa em relação a tantos companheiros que lhe negaram apoio nos instantes mais difíceis.

Como não admirar tanto fortaleza e ombridade, exemplo para todos os espectros políticos.

Ze Dirceu, conte com minha pequena ajuda, naquilo que puder, estarei aqui, não apenas solidário em palavras, mas em ação,

À luta!

 

Lourdes Nassif

Redatora-chefe no GGN

10 Comentários

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  1. O Brasil acabou. Tá tudo dominado pela máfia demotucana!

    E um país que caminhava rumo aos melhores exemplos da Europa, virou uma republiqueta de bananas, no estilo das ditaduras da África ou de economias arruinadas e dominadas da América Central. Não temos mais justiça, o noticiário é uma estória de ficção e vivemos em um Estado de exceção dominado pela MÁFIA DEMOTUCANA.

  2. Faz tempo que não sei mais o

    Faz tempo que não sei mais o que dizer. agora nem sei mais o que sentir. Força, Comandante!!!!!!

  3. “Eu Só Vou Mudar de Trincheira”

    O Brasil está mais que doente, medíocre e mesquinho, agoniza, covarde, entreguista e demente.

    Só Zé Dirceu salva Zé Dirceu, fazendo-se manter em pé, digno, corajoso, ímpar, ao permanecer no combate com o possível, sempre, mantendo a chama acesa e deixando-os derrotados por não conseguirem vergá-lo e, melhor, fazendo a luta que o mantém, e o manterá, na história desse Brasil que desejamos.

    Zé Dirceu e Lula, livres, Brasil são e de volta ao povo brasileiro. 

    Todos nós temos obrigação em libertá-los e cabe aos líderes e organizações, construírem e disponibilizarem o movimento prático de ação e pressão para tanto.

    É passado da hora, o que esperam os orgânicos responsáveis em liderar? 

    Espontaneidade, pela covardia ou pela incompetência, em organiza-lo?  

  4. Eh dilacerante a situação de José Dirceu

    Concretamente, o que podemos fazer para mudar a situação lamentavel dessa condenação sem pé nem cabeça de Dirceu? Dirceu foi condenado por lavagem de dinheiro, propina, lobby, corrupção, uso do poder, uma misturada de coisas para poderem condena-lo e imputarem-no uma pena maior. Esse processo também deve ser levado à ONU, ja que o Brasil deixou de ser um Pais que respeita preceitos consitucionais e persegue o PT.

  5. com a palavra Papa Francesco

    C o n t ro

    il veleno della maldicenza

     

    Con la tecnica della «finta unità» si inganna da sempre il popolo per fare, an-

    cora oggi, i colpi di stato, condannare igiusti — a cominciare da Gesù — ma an-

    che per distruggere la vita nelle comunità cristiane, facendo fuori le persone a

    colpi di chiacchiere. È da questo «atteg-giamento assassino» che Papa Francescoha messo in guardia nella messa celebrata giovedì 17 maggio a Santa Marta, riproponendo l’essenza della vera unità te-

    stimoniata da Cristo stesso nella sua preghiera al Padre «perché tutti siano una

    sola cosa».

     

    E proprio «nella liturgia di oggi ha subito fatto notare il Pontefice  possiamo vedere due strade, due pesi, due misure, per arrivare all’unità». Si tratta di

    «due tipi di unità». E «la prima» ha spiegato Francesco riferendosi al passo

    del Vangelo di Giovanni (17, 20-26), è quella per cui «Gesù prega il Padre per

    noi, “perché tutti siano una sola cosa”, una, “come tu, Padre, sei in me e io in

    te, perché il mondo creda”».È, insomma, «l’unità alla quale ci por-ta Gesù» ha affermato il Papa, «l’unità nel Padre, come lui è col Padre». Ed è «un’unità costruttiva, un’unità che va su, sempre; è un’unità coinvolgente, che fala Chiesa una». E «lo Spirito Santo ha insistito il Pontefice ci porta sempre verso questa unità: un’unità di salvezza, perché Gesù vuol salvare tutti e ciporta a questa unità».

     

    Questa, ha rilanciato Francesco, è anche «una unità che non finisce: andrà

    verso l’eternità, cioè ha dei grandi orizzonti». E «così cresce l’unità e quando

    noi, nella vita, nella Chiesa o nella società civile, lavoriamo per l’unità, stiamo su

    questa strada». Consapevoli che «ogni persona che lavora per l’unità è sulla

    strada che Gesù ha tracciato». Proprio «questa è la grande unità ha aggiunto il Papa quella che ci rivela il Padre e ci fa vedere il nocciolo proprio della rivela-

    zione che Gesù ci ha portato».

     

    «Ma c’è un altro tipo di unità che io chiamerei “unità finta” o unità congiun turale: quella che hanno gli accusatori di Paolo nella prima lettura» ha affermato

    il Pontefice, facendo riferimento al passo degli Atti degli apostoli (22,30; 23,6

    11).Questi accusatori infatti, ha spiegato ilPapa, «si presentano come un blocco ad accusare Paolo: “Va contro la legge, va contro questo, è un blasfemo”».

    Da parte sua, «il procuratore romano vede questa gente, e dice “ma è tutto il

    popolo, uno”». Però, ha proseguito Francesco, «Paolo, che era svelto perché lo Spirito Santo anche ci permette diessere umanamente svelti: ci chiede quello e sapeva che quella unità era finta, era congiunturale soltanto, butta la pietra di divisione». Si legge infatti nella pagina degli Atti: «Paolo, sapendo che una parte era dei sadducei e una parte dei farisei, disse a gran voce nel sinedrio” butta la pietra “Fratelli, io sono fariseo, figlio di farisei; sono chiamato in giudizio a motivo della speranza nella risurrezione dei morti”». E «questa è la pietra che butta Paolo contro questa falsa unità che lo accusa».

     

    Tanto che, «continua il testo: “Appena ebbe detto questo, scoppiò una disputa

    tra farisei e sadducei”. Si sciolse l’unità, disputano fra loro. Prima disputavano

    contro Paolo per accusarlo e condannarlo a morte; ma Paolo, con quella frase,

    distrugge quella unità perché era finta, non aveva consistenza. “Scoppiò una di-

    sputa tra farisei e sadducei e l’assemblea si divise. I sadducei infatti affermano che non c’è risurrezione né angeli né spiriti; i farisei invece professano tutte queste cose”». Insomma, «Paolo, con la saggezza umana che aveva, e la saggezza dello Spirito Santo, riuscì a distruggere questo blocco di unità».

     

    Del resto, ha proseguito il Papa, «lo stesso abbiamo visto nelle persecuzioni

    di Paolo, per esempio a Gerusalemme». Infatti «il testo degli Atti degli apostoli

    dice che tutti quelli che sono congregati lì gridavano contro Paolo ma nessuno sapeva né ascoltava l’altro, non sapeva cosa gridavano: erano stati convocati per fare chiasso, fare una unità che era chiasso». E «lo stesso per esempio» ha affermato Francesco, è avvenuto «con gli operatori della immagine di Artèmide

    degli efesini, in Efeso quando dice il testo nessuno sapeva il motivo per il quale gridava» come raccontano gli Atti al capitolo 19. In pratica, ha spiegato il Pontefice, così «il popolo diventa massa, anonimo: fa una unità anonima e i diri-

    genti dicono “devi gridare contro questo” e gridano». Anche se «poi non san-

    no perché gridano, cosa vogliono».

     

    «Questa strumentalizzazione del popolo è anche un disprezzo del popolo,

    perché lo converti da popolo in massa» ha detto Francesco. Facendo notare che «è un elemento che si ripete tanto, dai primi tempi fino adesso. Pensiamoci su: la domenica delle Palme tutti acclamano “Benedetto sei tu, che vieni in nome del Signore ”» ma il «venerdì dopo la stessagente grida “crocifiggilo”». La risposta è che è stato lavato il cervello e così sono state cambiate le cose: in pratica «hanno convertito il popolo in massa che distrugge». Di più, ha suggerito Francesco, «pensiamo a Stefano: cercano subito due falsi testimoni e così la gente va a lapidare Stefano». E «nell’antico Testamento pensiamo alla stessa tecnica» messa in atto «dalla regina Gezabele conNabot», secondo quanto riferito nel primo libro dei Re. È sempre «lo stesso: si creano condizioni scure, “nebbiose”, per condannare una persona». Sì, «poi quella unità» costruita finisce per sciogliersi, intanto però «la persona è condannata».

     

    «Anche oggi questo metodo è molto usato» ha messo in guardia il Papa. «Per esempio nella vita civile, nella vita politica, quando si vuole fare un colpo di sta-

    to, i media incominciano a sparlare della gente, dei dirigenti e, con la calunnia, la diffamazione, li sporcano. Poi entra la giustizia, li condanna e, alla fine, si fa il

    colpo di stato. È un sistema fra i più di sdicevoli». Ma proprio «con questo me-

    todo — ha chiarito Francesco è perseguitato Paolo» e sono stati perseguitati

    «Gesù, Stefano e poi tutti i martiri». Certo, ha aggiunto il Pontefice, alla fine è «la gente che andava al circo e gridava per vedere come si faceva la lotta fra i

    martiri e le fiere o i gladiatori, ma sempre, l’anello della catena per arrivare alla

    condanna, o a un altro interesse dopo la condanna, è questo ambiente di unità

    finta, di unità falsa».

     

    Il Papa ha ricordato però che «in una misura più ristretta», tutto questo «suc-

    cede nelle nostre comunità parrocchiali, per esempio quando due o tre incomin-

    ciano a criticare un altro e incominciano a sparlare di quello e fanno una unità

    finta per condannarlo». Insieme, ha proseguito Francesco, «si sentono sicuri e lo condannano: lo condannano mentalmente, come atteggiamento; poi si separano e sparlano uno contro l’altro, perché sono divisi». E proprio per questo, ha rimarcato, «il chiacchiericcio è un atteggiamento assassino, perché uccide, fa fuori la gente, fa fuori la “fama” della gente». E «il chiacchiericcio è lo stesso che facevano questi con Paolo, lo stess che hanno fatto con Gesù: screditarlo» e «una volta screditato, lo fanno fuori».

     

    «Pensiamo alla grande vocazione alla quale siamo stati chiamati: la unità con

    Gesù, il Padre» ha chiesto il Pontefice. E «su questa strada dobbiamo andare, uomini e donne che si uniscano e che sempre cercano di andare avanti sulla strada dell’unità». Però, ha insistito il Papa, «non le unità finte che non hanno sostanza e che servono soltanto per dare un passo oltre e condannare la gente e portare avanti interessi che non sono i nostri: interessi del principe di questo

    mondo, che è la distruzione». E così Francesco ha concluso la sua omelia au-

    spicando «che il Signore ci dia la grazia di camminare sempre sulla strada della

    vera unità».

  6. País Demente

    O grande jornalista Mino Carta definiu o quadro, o país está demente. Quanta possibilidade jogada fora! É um período de trevas.

    Mas um herói atingido pelo inimigo interno, eterno algoz da própria Pátria.

  7. Solidariedade a Zé Dirceu.

    Prezado Arnobio.

    Compartilho. Sinto uma profunda tristeza por tudo que aconteceu e esta acontecendo com o Partido dos Trabalhadores. Principalmente seus lideres. O Brasil deve muito a eles. Parabéns Jose Dirceu pela sua integridade e carater. Mais dia ou menos dias, voltara ao nosso convivio. Nao e possivel condenação pela doutrina. Absurdo. Um forte abraço. ao senhor ao Ze Dirceu. Maria Lusia.

  8. https://www.theguardian.com/w

    https://www.theguardian.com/world/2010/dec/02/dick-cheney-halliburton-nigeria-corruption-charges

    Uma pena sem qualquer nexo de logica juridica, crime sem violencia apenado com 30 anos? E qual é o crime? Lobby?

    Os ex-Secretarios de Estado Henry Kissinger e Madeleine Albright assim que sairam dos cargos abriram firmas de lobby,

    aqui seriam vistos como corruptos, Kissinger cobrou 30 mil dolares para um telefonema ao Brasil,  fez um contato

    mas não resolveu nada., o que diriam aqui?

    A Halliburton, firma de serviços de petroleo, pagou uma propina na Nigeria de 180 milhões de dolares para obter um contrato de 60 bilhões de dolares, o principal envolvido foi Dick cChinney, chefão da Hlliburton e ex-Vice Presidente dos EUA, contra ele sequer houve processo, sobrou para Albert “Jack” Staneley, o 2º na hierarquia pegou 18 meses de prisão. Assunto encerrado.

    Um ex-Chefe da Casa Civil pena de 30 anos? Matou quantos? Um caso de lobby onde se pretende mistura com corrupção mas

    foi praticado com Zé Dirceu já há muito tempo fora do governo, como enquadrar como corrupto quem já não tem poder quando praticou o ato?  É todo um contexto puramente interpretativo, de achismos e deduções, crime de 30 anos é homicido triplamente qualificado, com esquertejamento e quiemação do cadaver, não lobby com nota fiscal e fatura.

    É um grande teatro de fantasmagorias, se atribui a Dirceu um ganho de 12 milhões que é irreal mas Paulo Preto teve 130 milhões encontrados na conta na Suiça, fato real e não ilação, Paulo Preto esta livre e Zé Dirceu jogado na cadeia para cumprir 30 anos, nem na Inquisição do Santo Oficio se cometiam tais desatinos.

    Zé Dirceu é um dos politicos mais expressivos dos ultimos 20 anos no Brasil, até seus inimigos reconhecem, um homem de tempera e carater, o Brasil não tem muitos politicos desse calibre, jogamos fora o raro e louvamos os mediocres.

     

  9. Sobre José Dirceu, sua

    Sobre José Dirceu, sua prisão, sua condenação e sua luta.

    Breves reminiscências.

    Durante as eleições, em 2014, um mesário, tentando tripudiar o Ministro Lewandowski , sobre a condenação e prisão de José Dirceu, lhe dirigiu uma gracinha, disse:  leva um abraço pro Dirceu.

    Escrevi, nessa época algumas linhas sobre isso.

    Exatamente nestes termos.

    Os quais, ainda hoje, se revestem do manto das coisas imutáveis, tal como seu protagonista, cujo destino é ser inscrito como um dos grandes nomes da nossa História, a qual, inevitavelmente, em algum momento tratará de reconhecê-lo e imortalizá-lo.

    Alguém durante a eleição, grita ao Ministro Lewandovski, em alusão ao julgamento da AP470, “Um abraço para Dirceu”.

     Nesse instante, quantas coisas poderiam (ou podem) ter passado pela cabeça do Ministro, antes dele prosseguir e votar. Mas isso, ainda que não verbalizado, certamente ficou em sua memória e durante algum tempo ele vai carregar algumas interrogações consigo.

    Como exercício de ficção, arrolo algumas possibilidades e a forma como devem ter sido elaborados tais pensamentos…

    Uma homenagem a Lewandowski  (Um abraço para Dirceu)

     “Se o motivo do abraço, foi por eu não ter condenado Dirceu, quando considerei que não havia provas, então gostaria de dividir o abraço com todos os juízes, doutrinadores, humanistas, que durante centenas de anos, lutaram para fazer valer a idéia da “presunção de inocência”, frente as arbitrariedades.

    Mas, se a motivação da frase foi meu desassombro ao defrontar a “opinião pública (e publicada)” em razão de minhas convicções  enquanto magistrado e cidadão e, de não ter me curvado a pressões e agressões, gostaria então, de dividir este abraço, com todos que, em cada dia de suas vidas ou em apenas um deles,  escolheram a integridade e cumpriram seu dever com ética, convicção e destemor frente as adversidades.

    De outro lado, se o motivo, prenhe de ironia, foi puramente uma agressão a minha pessoa, ainda que mediante incitação de uma turba, nesse caso,  peço vênia aos que discordam, mas gostaria de dividi-lo com todos que perdoam tais gestos impensados. A história e a vida nos ensinam que outros, maiores e melhores que eu (enquanto figuras humanas e históricas), e por motivos mais fortes, glorificaram tal gesto, porque não eu, em minha pequenez, não haveria de fazê-lo. Assim, nessas circunstâncias, gostaria de dividir o abraço com todos que perdoam a insensatez.

    Ainda, se a mera ignorância do contido na ação penal foi a motivação de tal gesto, quero ressaltar, em relação a tal ato que, na referida ação penal, que contém mais de 50.000 páginas e, envolveu dezenas de juízes, das mais diversas instâncias, milhares de servidores, o Ministério Público Federal, a Policia Federal, a Receita Federal, deputados, senadores, dentre tantos outros, por mais de sete anos, teve, ao final, um veredito, em que a  tese vencedora não se baseou no conhecimento de que o réu tenha cometido a infração a ele imputada, mas na presunção de que, palavras textuais, “não seria crível que ele (Dirceu) não soubesse”. Ocorre que, perante as circunstâncias elencadas, tal tese, em princípio, também poderia ser dirigida a nós, componentes do Supremo Tribunal Federal, ou seja, a defesa diria, “não seria crível, na hipótese de que o réu fosse culpado, que, não só o Supremo Tribunal Federal brasileiro, mas o Poder Judiciário, o Legislativo, o Executivo e o Ministério Público, após sete anos de investigação,  não encontrassem nenhuma prova contra Dirceu”.  Portanto, frente a tais condicionantes, gostaria de dividir o abraço com todos os juízes e também pessoas comuns, que sopesando as circunstâncias reconhecem seu desconhecimento real sobre os fatos e frente a tal impossibilidade, na dúvida, absolvem os acusados.

    Finalmente, se o motivo do abraço foi o voto pela inocência de Dirceu, gostaria então de dividi-lo, de forma especial, com todos os inocentes que na Ditadura foram torturados e presos pelo Regime Militar, sem poderem ser ouvidos ou se defenderem de alguma forma, e terem a seu favor um julgamento, ainda que pudesse ser considerado injusto. Também gostaria de dividi-lo com todos os brasileiros que sofreram com tal regime de exceção e que,  sem esmorecer, ainda nos dias de hoje lutam pela liberdade em todas suas formas. Infelizmente, nesse caso, não posso dividi-lo com o ministro Marco Aurélio Mello, pois o regime foi por este considerado como “um mal necessário” e, eu, tenho por convicção,  que a vida é um bem supremo, e por nenhuma forma ou motivo é lícito suprimi-la ou mesmo diminuí-la. “

     

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